51 milioni di euro di minori entrate per l’erario a causa dei ricambi contraffatti. E senza contraffazione ci sarebbero 1500 posti di lavoro in più
Se nel nostro Paese non si usassero ricambi auto contraffatti vi sarebbero 1.500 posti di lavoro in più. L’uso di ricambi contraffatti provoca danni anche all’erario, quantificabili nel 2014 in 51 milioni di euro di minori entrate per ciò che riguarda le imposte indirette. Questi dati sono stati elaborati dall’Osservatorio Autopromotec, (struttura di ricerca di Autopromotec, la più specializzata rassegna espositiva internazionale delle attrezzature e dell’aftermarket automobilistico) sulla base di rilevazioni di AsConAuto.
L’uso di ricambi contraffatti, sottolinea l’Osservatorio Autopromotec, arreca un grave danno all’economia del nostro Paese, in quanto alimenta l’evasione fiscale e provoca la perdita di posti di lavoro, ma soprattutto comporta notevoli rischi in tema di sicurezza stradale, a causa delle verifiche scarse, o del tutto assenti, che sono effettuate in sede di produzione di questi prodotti.
Un ulteriore problema in merito ai ricambi contraffatti è quello della sostenibilità, in quanto la produzione di tali componenti spesso non rispetta le normative ambientali. L’Osservatorio Autopromotec consiglia quindi di rivolgersi, per l’acquisto di ricambi, sempre a rivenditori autorizzati che sono in grado sia di offrire le giuste garanzie sui prodotti sia di aiutare il consumatore nella scelta delle diverse tipologie di ricambi certificati e sicuri attualmente presenti sul mercato.
È evidente come il problema della contraffazione coinvolga tutta la filiera del settore automotive. Il contrasto alla contraffazione richiede una grande attenzione, non solo da parte degli automobilisti, ma anche da parte di tutti gli attori delle filiera commerciale dei ricambi. È bene ricordare che, per coloro che commercializzano beni contraffatti, la legge italiana prevede pene particolarmente severe che includono l’arresto da sei mesi ad un anno, oltre al pagamento di un’ammenda che può partire da 10.000 euro fino ad arrivare a 50.000 euro (art. 112, comma 1, Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 “Codice del Consumo”, Ministero delle Attività Produttive).
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