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Emergenza manutenzione strade

Lavori fermi anche nei primi mesi del 2017. SITEB: “Occorre fare presto”

Nuovo record negativo per il consumo di asfalto (conglomerato bituminoso) in Italia, sceso nei primi 4 mesi del 2017 del 4,7%, dopo aver già toccato il minimo storico a fine 2016 (23 mln di tonnellate contro i 45 mln del 2006). In quella che solitamente rappresenta la stagione delle manutenzioni (maggio-settembre), al momento i lavori tardano a sbloccarsi, le buche continuano ad aumentare in volume e ampiezza e cresce il numero delle strade ammalorate chiuse al traffico e in cui, per ragioni di sicurezza, entrano in vigore nuove limitazioni alla circolazione e della velocità.

Sono questi i principali indicatori contenuti nell’analisi periodica sullo stato di salute delle nostre strade resa nota dal SITEB – l’Associazione dei costruttori e manutentori delle strade in occasione del Consiglio Direttivo che ha confermato alla guida dell’Associazione quale Presidente, Michele Turrini, Dirigente dell’azienda Ammann Italy.

Dopo un 2016 chiuso in linea con l’anno precedente (+0,3%), nel primo quadrimestre i consumi di bitume in Italia hanno registrato un andamento negativo (-4,7%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel mese di maggio il gap si è parzialmente ridotto, ma, dopo 5 mesi, il saldo resta comunque negativo (-0,4%).

I dati relativi ai primi mesi del 2017 contenuti nell’analisi del SITEB evidenziano una preoccupante e prolungata fase di stallo delle manutenzioni che ha come evidente conseguenza l’ammaloramento e l’aumento della pericolosità delle nostre strade, senza contare l’incremento dei costi necessari per ripristinarle in quanto, in assenza di lavori, il degrado attacca anche gli strati più profondi della sovrastruttura stradale mettendo a rischio le stesse fondazioni.

SITEB stima che negli ultimi 8 anni si è fatto a meno di investire 10 miliardi di euro in manutenzioni e ora ne occorrono ben 40 per ripristinare in maniera adeguata lo stato di salute delle nostre strade.

L’impegno più volte proclamato dal Governo, addirittura con una risoluzione parlamentare (7/365) che lo impegnava a trovare risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria e per risolvere l’incertezza relativa alla competenza sulla gestione delle strade provinciali non è mai stato concretamente attuato. Anche la ripresa economica ribadita anche negli ultimi mesi, non ha inciso in alcun modo sul settore delle strade e la produzione di conglomerato bituminoso per il 2017 si annuncia in linea con quella degli ultimi 2 anni, ovvero bloccata sui 23 milioni di tonnellate annue, ben distante dai 45 milioni toccati negli anni pre-crisi (2006) e dai 40 normalmente necessari per tenere in salute e sicure le nostre strade.

La stagione delle grandi manutenzioni, di solito collocata tra maggio e settembre (il 70% dei lavori viene svolto in questo periodo per sfruttare le favorevoli condizioni climatiche), quest’anno non sembra essere ancora partita. E questo è ancora più preoccupante, visto la condizione in cui versano le nostre strade

I due allarmi principali riguardano le strade comunali e le provinciali (130.000 km dei complessivi 600.000 km della rete nazionale).

Queste ultime sono quelle maggiormente a “bollino rosso” per l’assenza di risorse economiche degli Enti che ne sono responsabili, come conferma anche la recente minaccia lanciata dal Presidente dell’Unione delle Province Italiane di chiudere le strade a rischio per gli automobilisti. La sbandierata abolizione delle Province e i passi indietro compiuti successivamente hanno lasciato in eredità una situazione che rende impossibile una corretta gestione di queste strade. Chi se ne occuperà?

Lo stato di salute delle strade cittadine è sotto gli occhi di tutti ed è bene esemplificato dal caso Roma, con un “asfalto groviera” che, secondo la Corte dei Conti, ha prodotto 2.700 cause con richieste di risarcimento verso il Comune per i danni causati dalla “epidemia buche” e lavori di manutenzione che ancora oggi tardano a partire in modo deciso, come “l’emergenza strade” in corso richiederebbe.

Intanto, si molitplicano le limitazioni al traffico (totali o dei soli mezzi pesanti) e di velocità (spesso con limite fissato a 30 km orari) sulle strade più a rischio, per non parlare delle pattuglie di vigili urbani lasciate spesso a sorvegliare buche recintate.

In questi primi mesi dell’anno”, ha evidenziato il Presidente Michele Turrini, appena confermato in carica per i prossimi 3 anni, “alla cronica mancanza di fondi delle Pubbliche Amministrazioni, si sono aggiunti gli effetti prodotti dalla difficoltosa entrata in vigore del Nuovo Codice degli Appalti che richiede spesso alla committenza uno sforzo tecnico cui non sempre è preparata e che sta contribuendo a produrre uno stallo dei lavori”.

Gli stessi lavori annunciati dall’ANAS (25.000 km gestiti) nel piano triennale”, ha aggiunto Turrini, “sono effettivamente partiti a “macchia di leopardo” in alcune Regioni senza impatti di rilievo e lo sblocco parziale del patto di stabilità che ingessava i Comuni non sembra aver avuto grande effetto sui consumi di bitume, nonostante il prezzo relativamente basso del petrolio che avrebbe dovuto incentivarne l’utilizzo.

C’è bisogno che dal Governo centrale prenda avvio una seria campagna di manutenzione delle strade prima che il degrado ne comprometta definitivamente l’enorme valore complessivo (stimato in 5.000 miliardi di euro) e renda troppo oneroso e non più sostenibile economicamente il suo ripristino. Mesi fa il Ministro Del Rio aveva giustamente fatto notare che la vera “grande opera” che il Governo avrebbe affrontato in Italia sarebbe stata l’adeguata manutenzione dell’esistente, purtroppo stiamo ancora aspettando e i segnali e i dati sono di segnale opposto: in Italia si sta distruggendo inesorabilmente il nostro patrimonio di strade, di imprese e di tecnologia!”.

Segnali negativi arrivano, infine, anche sul fronte della raffinazione, con l’annuncio della chiusura dell’impianto di bitume modificato di Roma che si aggiunge a quella della raffineria, già da anni non più attiva e oggi utilizzata solo come deposito di prodotti petroliferi; un’ulteriore conferma di un mercato asfittico e delle prospettive poco incoraggianti per gli operatori del settore.