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EDITORIALE. EUROPA: serve molta più LUNGIMIRANZA

La politica europea nell’automotive l’ha combinata grossa? Il Green Deal fortemente voluto da rappresentati politici di nazioni con basso tasso industriale nel settore produzione automobili ha costretto, con una scelta politica (non dimentichiamolo!), i Costruttori europei a tagliare drasticamente gli investimenti sui motori termici dove (obiettivamente!) avevamo una supremazia mondiale, per tentare la strada dell’elettrico. Così facendo siamo andati in rotta di collisione con i Costruttori cinesi, arretrati rispetto a noi sul termico, ma all’avanguardia sull’elettrico, anche perché controllano la maggioranza delle materie prime necessarie per batterie e motori e godono di energia a basso costo, tutt’altro che green. Risultato? Sul fronte elettrico siamo all’alba di un nuovo D-DAY, dove per difendere i faraglioni della vecchia Europa sono stati messi in campo pesanti dazi, che probabilmente non saranno sufficienti. Nel frattempo, i Costruttori europei hanno speso tanto e ora vogliono recuperare. gli utenti invece? I privati, diciamolo, storcono parecchio il naso di fronte all’elettrico. Insomma, cari amministratori europei, siete così sicuri del vostro Green Deal? Forse, ma chi sono io per dirlo, bisognava misurare meglio tempi, scelte tecnologiche ed esigenze delle nazioni più coinvolte. In Italia, mentre le carrozzerie (ma anche i ristoranti, i parrucchieri, gli hotel…) si affannano a cercare personale Stellantis taglia la forza lavoro e chiude gli stabilimenti. Un po’ meno in Francia, ma anche lì la cosa potrebbe sfuggire di mano. In Germania con il costo dell’energia alle stelle e l’auto elettrica che è crollata (senza incentivi) la preoccupazione è tanta. In Serbia si farà la Grande Panda Elettrica: ma non festeggiano, perché l’esempio Mirafiori (500 elettrica) non fa ben sperare… Sul piatto c’è la sopravvivenza dell’industria automobilistica europea, quella più storica: ricordiamo che l’auto è nata in Germania, diventata bella e potente in Italia, fantasiosa in Francia. Negli USA è stata trasformata in un bene di massa, di consumo e i giapponesi ci hanno insegnato l’affidabilità… I cinesi, invece? I cinesi ci stanno spiegando che se possiedi la materia prima, i prezzi li detti tu, alla faccia dei possibili dazi…. Intanto il mercato non mente: i colossi delle start-up elettriche tremano. Fisker giunge al secondo fallimento, Rivian non decolla, anzi (valore in Borsa -92% in tre anni), come il potenziale costruttore di camion elettrici Nikola (-95%) e persino Tesla ha preso il trend del “gambero”. Insomma, se tutto questo fosse accaduto all’interno di un’azienda privata sarebbero cadute molte teste. Invece al momento  si tenta ancora di rimettere al comando dell’Europa chi ha sognato il grande salto verde senza guardare cosa stava per succedere… E ora? Vedremo se la prossima amministrazione innesterà la marcia prudente…