Fare o non fare… non esiste provare. Così il saggio Joda in “Guerre stellari” ci spiega che a parole si può fare tutto, ma in realtà solo i fatti misurano quel tutto. Un po’ come scrivere di verniciatura senza avere mai verniciato. Si può fare, ovviamente, ma se si vernicia è tutta un’altra cosa. È anche una questione di comfort, viene più facile scrivere della materia. Così è nata l’idea di partecipare a un corso di verniciatura. Standox ha raccolto la sfida e mi ha offerto la possibilità di imparare questa arte. Complice il Covid, che impedisce i corsi collettivi in zona rossa, mi sono pure fregiato di un corso intensivo One2One con il loro trainer Giuseppe Fontana.
NESSUNO SCONTO, UN VERO CORSO
Il corso deve essere vero al 100%, non un’attività ad uso giornalistico. Così è stato e infatti è stato replicato il classico modulo del corso base di verniciatura Standoblue che parte con la teoria in aula. In questo Giuseppe Fontana è davvero bravo. Insegnare è difficile, devi trasmettere conoscenza ma senza annoiare cercando di mantenere alto il livello di attenzione. Lui è meglio di un professore di scuola navigato, pesa bene i contenuti con qualche alleggerimento o esempio per riportare l’attenzione sul corso. Non è facile, è una dote e Fontana la mette a disposizione di chi partecipa al corso. Con rapidi click snocciola slide che esemplificano temi complessi e in poche ore ti trovi a padroneggiare parole prima sconosciute o nebulose: primer, blender, catalizzatore, basi opache, trasparenti e diluenti non hanno più segreti. Una fase alla fine molto importante, perché permette di acquisire i fondamentali per potere poi mettere la mano sui colori.
LA PARTE PRATICA
Archiviata l’aula si passa all’area produttiva e le cose si fanno serie. In teoria è facile fare i teorici, ma poi si inizia a fare sul serio. Primo step carteggiatura, che vista fare sembra una robetta: poi con la macchinetta in mano tutta altra storia e in più c’è Giuseppe che se da una parte è sempre pronto a darti il consiglio giusto dall’altra poi, giustamente, pretende di vedere le cose fatte bene. E monta anche il complesso da prestazione. Niente sconti, avevo chiesto, e sulla carteggiatura sono stato perfettamente accontentato. Solo quando il cofano è arrivato alla perfezione (per me è perfezione) si è potuti passare agli step successivi. Pulizia e di nuovo pulizia, e finalmente il cofano carteggiato può entrare nel santuario del verniciatore, la cabina: qui non è più un pezzo di lamiera, un supporto. Un po’ per forma e collocazione diventa un altare pagano alla religione della verniciatura e questo impone dei riti precisi: il sacerdote è Giuseppe e io l’esecutore.
VAI DI BILANCIA
Che colore facciamo? Domanda quasi superflua. In Axalta sono i primi giorni in cui gira sulle bilance la formula del colore dell’anno ElettroLight, un bel verde sgargiante. E che colore dell’anno sia, ma in versione lucida… Inserita la formula, non resta che pesare le basi per arrivare al punto giusto. Ovviamente l’alchimia richiede precisione, tanta precisione. Fare una tinta è un po’ come la pasticceria, se non rispetti la chimica questa si vendica: da una parte panettoni che non lievitano, in cabina verde che non è un vero verde. Quindi tanta, tanta precisione. Pronto il bicchierino arriva la parte difficile. Dopo avere ben miscelato e filtrato è arrivato il momento del clac sull’aerografo e di passare a fare sul serio. Prima era stato fatto un training con della semplice acqua. Se sbagli pazienza. Qui invece ci sono solo i grammi necessari per la copertura del cofano. Arrivati davanti al supporto è ora di ripassare tutta la teoria: prima mano così, a seguire mezza mano, poi si cambia lato e si ricomincia. Il grilletto tutto aperto. La distanza, più vicina la mano intera, più lontana la mezza. Attenzione a non toccare il supporto, attenzione a non sprecare vernice, attenzione a non deludere l’insegnante. Grilletto tutto aperto e via prima da un lato e poi dall’altro. Giuseppe si trasforma nel Sergente Maggiore dei Marines che sprona con vigore (niente sconti, si era detto…), e la pressione sale. Intanto però il cofano passa da grigio topo triste al bellissimo verde ElectroLight da fare invidia al “frontfrog” dei Muppet Show. Non sembra vero, ma appare bello e non è ancora coperto dal trasparente. Intanto che la base asciuga è già ora di catalizzare il trasparente e occhio all’umidità, Giuseppe non ammette approssimazione. Intanto, con il fare ci si rende conto davvero del progresso tecnologico: la base asciuga nel tempo che si prepara il trasparente. Che tecnologia oggi voi verniciatori avete a disposizione…
GIRO DI LUCIDO
Pistola alla mano e nuvola di trasparente si fa fatica a stare concentrati tanto la brillantezza del cofano attrae. Quello che era già un bel verde ora prende profondità e brillantezza. E forse, anzi sicuramente, il trasparente molto efficace copre bene anche qualche magagna da apprendista verniciatore, che per inciso si è preso anche un giusto e dovuto rimprovero per non avere chiuso bene la tuta nello stendere la base: per fortuna il colore non è stato contaminato…
ESSICCATO E AMMIRATO
Una manciata di minuti di essiccazione e il cofano è pronto per essere giudicato.
Per Giuseppe è un bel lavoro, per me si poteva fare di meglio, ma giustamente non è il mio vero lavoro e sono alle prime armi. Sono soddisfatto come un bambino che ha fatto il suo primo goal alla partita davanti ai genitori. E quando arriva il momento dell’attestato è una vera emozione. Perché me lo sono sudato davvero. Felice di essere riuscito sì, ma più felice per avere compreso di più sul lavoro dei carrozzieri a cui ogni giorno dedico pagine di giornale. Ora spero con più competenza. E siccome mi è piaciuto, non mi fermo qui. Il grilletto, sempre tirato a fondo, tornerà presto sotto il mio indice. Da qualche giorno, alle spalle della mia scrivania, l’attestato della Standox fa compagnia all’attestato dell’esame di Stato da giornalista. Due competenze che si incontrano, finalmente.
a cura di Renato Dainotto
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