Attualità

Auto elettriche e rischi in carrozzeria: parola al nostro legale

Avvocato Talamazzi, si parla sempre di più di auto elettriche e ibride. Ne abbiamo parlato anche in occasione del Car Carrozzeria Summit tenutosi lo scorso novembre a Roma. Cosa ci può dire al riguardo? Ogni autoriparatore può eseguire lavori su tali veicoli o ci sono limitazioni che sarebbe bene tenere presente?
«La risposta è no, non ogni autoriparatore può effettuare riparazioni sulle auto elettriche ed ibride. Qualche articolo fa abbiamo parlato delle problematiche relative alle riparazioni da effettuarsi sui veicoli dotati di dispositivi ADAS (ossia i dispositivi automatici di assistenza alla guida) e ricorderà che avevamo evidenziato l’importanza per l’autoriparatore, di effettuare, oltre che una riparazione della parte danneggiata, anche una ritaratura degli ADAS per scongiurare il rischio che gli stessi si fossero disallineati a seguito dell’incidente. Ebbene, analogamente a quanto detto sugli ADAS, occorre evidenziare – anche se per altre ragioni – la delicatezza delle riparazioni da effettuarsi sui veicoli elettrici e ibridi. L’introduzione di tali veicoli nel mercato, infatti, se da un lato ha permesso un miglioramento nel campo delle emissioni, dall’altro, ha comportato un rischio maggiore per gli operatori, dato il tipo di alimentazione e i pericoli correlati all’alta tensione».

Vista l’importanza della tematica, può parlarci di questi rischi? E quali sono le prescrizioni normative che dovrebbero essere conosciute prima di operare su tali veicoli?
«Stiamo parlando di eseguire riparazioni su impianti elettrici o in prossimità di tali impianti: per potere lavorare in sicurezza, pertanto, è necessario che il titolare della carrozzeria effettui una preliminare valutazione dei rischi, prevedendo specificamente le modalità di esecuzione dei lavori, i soggetti autorizzati a svolgerli e le misure di sicurezza che devono essere rispettate.
A tal proposito, non può non parlarsi del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, D. Lgs. 81/08, che, tra le altre materie, disciplina anche i lavori aventi ad oggetto impianti e apparecchiature elettriche. In particolare, l’articolo 82 del T.U. prevede genericamente il divieto di eseguire lavori sotto tensione, salvo nei casi in cui le procedure adottate, le attrezzature usate e i lavoratori incaricati siano conformi alle prescrizioni previste nella pertinente normativa tecnica. Il successivo articolo 83, poi, prevede che non possano essere eseguiti lavori non elettrici in vicinanza di impianti elettrici con parti attive non protette e, comunque, a una distanza inferiore da quella minima prevista dalla legge, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi e, quindi, conformi alla normativa tecnica di riferimento. In Italia, tale normativa tecnica è costituita dalla norma CEI 11-27, di derivazione europea (EN 50110-1), che deve essere presa come riferimento per conferire ad un autoriparatore l’abilitazione a effettuare manutenzione e riparazioni su veicoli elettrici e ibridi».

Chiarissimo, avvocato. E cosa prevede tale normativa tecnica?
«Allora, la premessa è che sarebbe sempre necessario soffermarsi molto più diffusamente sulle tematiche che affrontiamo in questo spazio della nostra rubrica legale. In estrema sintesi, possiamo dire che la predetta norma CEI 11-27 prevede, tra le altre cose, che, per poter operare su un veicolo ibrido oppure elettrico, un manutentore debba essere stato formato e informato sui rischi derivanti dai lavori effettuati sugli impianti elettrici. Il lavoratore che venga incaricato di lavorare su tali veicoli, pertanto, dovrà partecipare a corsi di formazione che gli consentano di ottenere una speciale abilitazione. In concreto, sono state delineate tre figure professionali che si distinguono in base alle competenze sviluppate e al tipo di intervento da effettuarsi: stiamo parlando delle qualifiche PES, PAV e PEI. La qualifica PES (Persona ESperta) viene conferita a chi ha conoscenze tecniche teoriche e un’esperienza tali da permettere di analizzare i rischi derivanti dall’elettricità e svolgere i lavori elettrici in sicurezza; tale figura può svolgere lavori elettrici fuori tensione e in prossimità. La qualifica PAV (Persona AVvertita) viene riconosciuta a chi è a conoscenza dei rischi derivanti dall’elettricità e in grado di svolgere i lavori elettrici in sicurezza; tale soggetto può effettuare interventi senza oppure in prossimità di tensione e soltanto se opportunamente istruito o supervisionato da un PES. La qualifica PEI (PErsona Idonea), infine, viene riconosciuta a chi è in possesso dei requisiti per potere svolgere tutti i tipi di lavori elettrici, compresi quelli sotto tensione».

E come si ottiene l’abilitazione alla manutenzione di veicoli elettrici e ibridi in Italia?
«Per conseguire tale abilitazione è necessario seguire un corso di formazione il cui numero di ore varia a seconda della qualifica che si vuole conseguire, dove sono approfonditi gli argomenti elencati nella norma CEI 11-27. Al termine di tale corso gli esaminandi devono rispondere ad un questionario e, qualora gli stessi non avessero maturato un’esperienza pratica pregressa nel settore, devono anche seguire un percorso che in genere consiste nell’affiancamento a persone esperte. Alla fine di tale corso, poi, viene rilasciato al partecipante un attestato di frequenza e al suo datore di lavoro una lettera contenente il risultato del test di apprendimento. Al termine di tutti questi passaggi quindi il datore di lavoro, tenendo conto della frequenza del corso, del risultato del test e delle capacità pratiche dell’operatore, attribuisce l’abilitazione più adatta a ciascuna figura».

Va bene, avvocato, abbiamo visto la teoria. E, lato pratico, il datore di lavoro in tutto questo che ruolo ha? Per intenderci: quali sono gli obblighi posti dalla legge in capo al titolare dell’officina?
«La risposta a tale domanda (di nuovo estremamente sintetizzata per necessità) la possiamo trovare ancora nel Testo Unico sulla sicurezza. Gli articoli 17 e 18, infatti, pongono in capo al datore di lavoro, da un lato, l’obbligo generale di compiere una valutazione preliminare di tutti i rischi che potrebbero verificarsi nell’ambiente lavorativo e, dall’altro, l’obbligo di attribuire i compiti ai propri lavoratori tenendo conto delle specifiche competenze di ognuno. Parlando specificamente di impianti e apparecchiature elettriche, poi, il successivo articolo 80 dispone che, dopo avere effettuato la predetta valutazione dei rischi, il datore di lavoro debba adottare le misure tecniche ed organizzative necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi, individuando anche dispositivi di protezione collettiva (necessari per segnalare il pericolo a persone non formate, delimitando la zona di lavoro) e individuale (necessari per il personale formato presente all’interno della zona di lavoro esposta a rischio come casco, guanti, tappeti isolanti, scarpe isolanti, eccetera). Queste le regole specifiche previste in capo al datore di lavoro dal Testo Unico sulla sicurezza. Va detto, per completezza, che nel Codice Civile c’è un più generico obbligo di sicurezza in capo al datore di lavoro previsto dall’articolo 2087 secondo cui l’imprenditore, nell’esercizio della propria impresa, è tenuto ad adottare le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Spetterà dunque al datore di lavoro decidere quali misure azionare al fine di tutelare la salute dei dipendenti e, nel compiere detta valutazione, l’azienda dovrà comunque tenere conto della specifica natura delle attività compiute, adottando misure di sicurezza diverse a seconda dei vari reparti aziendali».

Cosa succede al datore di lavoro che non rispetta le norme sulla sicurezza sul lavoro?
«Qui dovremmo soffermarci per altro innumerevole tempo per fornire una risposta puntuale. Mantenendo lo stile sintetico di questo articolo, tuttavia, in chiusura si può evidenziare che per il datore di lavoro che non rispetta e viola l’obbligo di sicurezza, così come dettagliato nelle varie norme del Testo Unico, possono scattare varie forme di responsabilità. Mi riferisco, nello specifico, alla responsabilità di natura civilistica per il mancato rispetto degli obblighi di sicurezza previsti nel contratto di lavoro da cui potrà derivare la richiesta, da parte del lavoratore, del risarcimento del danno. Accanto alla responsabilità civilistica, poi, ci saranno anche la responsabilità di natura amministrativa e/o penale a seconda che la violazione della normativa contenuta nel T.U. costituisca un illecito amministrativo o un reato. Oltre alla responsabilità nei confronti dei propri lavoratori, poi, si devono considerare anche quelle nei confronti dei terzi. Si pensi, ad esempio, all’autoriparatore che ripari personalmente o incarichi un lavoratore di riparare un veicolo elettrico senza che siano state conseguite le necessarie competenze per farlo: ogni danno cagionato al veicolo per la propria negligenza dovrà ovviamente essere risarcito al proprietario del mezzo. In conclusione, al fine di evitare di incorrere in spiacevoli sorprese, si consiglia di adeguarsi alle prescrizioni legislative previste in materia di sicurezza sul lavoro, anche confrontandosi con un professionista per valutare, caso per caso, tutte le specifiche complessità ed evitare di farsi trovare impreparati in una materia tanto rilevante».

a cura di Avv. Giulia Talamazzi - Studio Legale Conte&Giacomini