Quando si ripara un’auto l’autoriparatore ha un’ampia offerta di parti di ricambio. Ci sono i pezzi originali, marchiati dal costruttore, quelli “aftermarket” equiparati agli originali e, poi, i “private label”. Attenzione, però, a non incappare in pezzi contraffatti o di dubbia provenienza; potrebbero esserci risvolti anche penali
Il mondo globalizzato ha messo in evidenza un nuovo pericolo per carrozzerie e officine. Oltre allo storico problemi dei pezzi di ricambio di dubbia provenienza, oggi carrozzieri e meccanici sono esposti altresì al rischio conseguente dai pezzi contraffatti. Un problema che può compromettere la sicurezza e l’affidabilità dell’auto e comportare sanzioni e responsabilità per il riparatore. In ragione di ciò, carrozzieri e meccanici dovrebbero sempre affidarsi a fornitori sicuri e porsi dei dubbi di fronte a componentistica eccessivamente scontata, ad esempio sul web. Vediamo perché.
COSA SI INTENDE PER PEZZI DI RICAMBIO CONTRAFFATTI O DI DUBBIA PROVENIENZA?
Innanzitutto è bene specificare che non sempre un pezzo di ricambio non originale corrisponde a un prodotto contraffatto e non sicuro. I ricambi provenienti dalla “casa madre”, infatti, alle volte potrebbero non essere stati materialmente prodotti da questa ma da società esterne autorizzate ad immettere sul mercato i propri prodotti anche con il marchio del produttore originario, come nel caso dell’”aftermarket”, dove il ricambio è equiparato a quello originale. È possibile, inoltre, che i ricambi venduti ai consumatori finali possano provenire da altre società che però, operando nel rispetto dei parametri tecnici minimi richiesti dalla casa produttrice dell’auto, possono commerciare legalmente la loro produzione di ricambio.
Si può parlare, invece, di contraffazione quando segni distintivi o marchi già registrati ed attribuiti a determinati prodotti vengono apposti da soggetti non autorizzati su prodotti nuovi, similari o anche diversi da quelli legittimamente commercializzati dal titolare del marchio in questione. La contraffazione può essere totale, riproducendo anche una copia del marchio originale, oppure parziale, riguardando, ad esempio, la falsificazione dei certificati di omologazione per indurre a credere che il pezzo rispetti gli standard europei.
Per merce di dubbia provenienza, invece, si intende quella che, per la qualità del bene venduto, per la condizione di chi la cede o per l’entità del prezzo richiesto, si ha motivo di ipotizzare che possa avere un’origine illecita.
LE AUTOFFICINE POSSONO UTILIZZARE PEZZI DI RICAMBIO NON ORIGINALI?
Come noto, quando si porta l’auto dal meccanico o dal carrozziere si forma un contratto tra il proprietario del veicolo e il professionista esperto nell’attività di riparazione. Il meccanico o carrozziere, pertanto, deve operare sul mezzo ricoverato presso di lui applicando le tecniche ed i materiali più idonei alla riparazione del bene e, durante lo svolgimento della sua attività, deve comportarsi in conformità al principio di buona fede (ovvero tenere una condotta leale e corretta). Ciò comporta che, ove il professionista si trovi a dover sostituire parti danneggiate del veicolo consegnatogli, egli avrà il dovere di comunicare al cliente come intende procedere per tale sostituzione, informandolo, ad esempio, in merito alla provenienza delle parti di ricambio che utilizzerà per la riparazione.
QUALI CONSEGUENZE, INVECE, DERIVEREBBERO DALL’UTILIZZO DI PEZZI CONTRAFFATTI O DI DUBBIA PROVENIENZA?
L’utilizzo di pezzi di ricambio contraffatti o di dubbia provenienza potrebbe esporre il meccanico o il carrozziere alle conseguenze di cui all’art. 473 del Codice Penale, ove è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000, non solo “chiunque contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali”, ma anche colui che “senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati”. Allo stesso modo, l’art. 474, c. 2, del Codice Penale, prevede che: “(…) Chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma [prodotti contraffatti o alterati, n.d.r.] è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000 (…)”. Il professionista, poi, che acquisti prodotti derivanti da un delitto rivendendoli ai propri clienti (montandoli, ad esempio, sulle loro auto), potrebbe essere chiamato a rispondere anche del reato di ricettazione che, a norma dell’art. 648 del Codice Penale, punisce “chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare” con una pena che va da due ad otto anni di reclusione e da cinquecentosedici a diecimilatrecentoventinove euro di multa. Ove, invece, anche se in modo inconsapevole, un meccanico o un carrozziere acquistasse un prodotto derivante da un’attività illecita e lo rivendesse ai propri clienti, se non sussistenti i presupposti del reato di ricettazione, potrebbe, in ogni caso, scattare nei suoi confronti un procedimento penale per il reato di incauto acquisto di cui all’art. 712 del Codice Penale.
E I CLIENTI?
Con riferimento alla posizione dei clienti di carrozzieri o meccanici, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22225/2012, ha ritenuto che, salvo questi non abbia partecipato alla commissione dell’illecito, non parrebbe configurarsi una responsabilità a titolo di ricettazione (art. 648 cod. pen.) o di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 cod. pen.) per l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, ma piuttosto un illecito amministrativo.
Inoltre, se il veicolo riparato non rispondesse ai requisiti imposti dalla “casa madre”, il proprietario dell’auto potrebbe non vedersi rinnovata la revisione periodica.
IN CONCLUSIONE?
La problematica dei pezzi di ricambio contraffatti è molto seria. L’utilizzo di materiali contraffatti o di dubbia provenienza, oltre a conseguenze di natura civile, penale e amministrativa, può comportare, oltre che una minore garanzia ed efficacia della riparazione, il serio danneggiamento di altre parti dell’auto. Ma non solo, se si tratta di componenti fondamentali per la sicurezza durante la circolazione, tali condotte possono determinare sin anche un rischio per la vita del conducente. Alla luce di quanto rilevato, pertanto, l’autoriparatore deve sempre svolgere la propria opera con la diligenza professionale propria dell’imprenditore qualificato ed esperto nell’attività dell’autoriparazione e secondo i criteri della correttezza e della buona fede.
a cura di Avv. Giulia Talamazzi, Studio legale Conte&Giacomini Avvocati
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